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Chez Lacan : Lo spettacolo dell'immaginario. Conoscenza / desiderio


 

La psicanalisi è un sintomo ? ... con la conseguenza di dissiparne la significazione

Penso che la psicanalisi sia una pratica la cui efficacia, nonostante tutto tangibile, implica che faccia il mio nodo. Non sono sicuro che la distinzione fra reale e realtà sia qualcosa che si confonde con il valore che do al termine reale. In quanto il reale sarebbe sprovvisto di senso, non sono proprio sicuro che il senso di questo reale non possa chiarificarsi se ritenuto nientemeno che un sintomo... Credo di poter sostenere, in quanto ne ho pratica - che la funzione dell'inconscio è imprescindibile da un riferimento al corpo, anzi è questo il motivo per cui la funzione del reale può risultare distinta. ( S. 13-4-1976)


L' inconscio è forse un mito? E si tratta, in questo caso come per Freud, di dire la verità del desiderio inconscio...

Si! Solo che il desiderio non è una pulsione, una spinta che sale dal corpo biologico, un affetto o un sentimento immediato di sé, non è desiderio di nulla.
Piuttosto l'inconscio - manifestazione del desiderio è un discorso ed è strutturato come un linguaggio. La formula deve essere presa alla lettera: l'inconscio "come" linguaggio non è un linguaggio ( in senso ) simbolico o metaforico, è il linguaggio. Più esattamente, è il discorso concreto in quanto ambito della realtà transindividuale del soggetto. (S. 11)


Forse perchè l'uno è anteriore alla discontinuità?

Non lo credo...mi accorderete che l'uno introdotto dalla esperienza dell'inconscio è l'uno della fessura, del tratto, della rottura.
Scaturisce qui una forma misconosciuta dell'uno... - non già non-concetto, ma concetto della mancanza. Dove è il fondo? E' l'assenza? No. La rottura, la fessura, il tratto dell'apertura fa scorgere l'assenza - così come il grido non si profila su di un fondo di silenzio ma, al contrario, lo fa scorgere come silenzio. (S. 1)

[Dunque ] Ciò che è ontico, nella funzione dell'inconscio, è la fessura attraverso cui quel qualcosa la cui avventura nel nostro campo sembra così breve viene, per un istante, portato alla luce - per un istante, perchè il secondo tempo, che è di chiusura, dà a tale presa un aspetto evanescente.


Ma questa ontologia luminosa ( o fotologia ) di cui si parla

L'occhio in questo caso è [...] il simbolo del soggetto.
Tutta la scienza ( galileo-cartesiana) riposa su questa riduzione del soggetto a un occhio ed è per questo che è proiettata davanti a voi, cioè a dire obbiettivata. (S. 1)

In questo mondo completamente visivo e in preda alla dominazione dello spazio tutto diventa una statua in cui l'uomo si proietta e si pro-duce dinanzi a se stesso, sino al punto di trasformarsi, egli stesso, nell' automa in cui tende a compiersi, in un ambiguo rapporto, il mondo di sua fabbricazione. ( S. 3 )


Performare il nulla?
A questo punto sarà difficile sottrarsi ad una sensazione di dejà vu!

In questa prospettiva la parola analitica, riconducendo la parola alla sua essenza performativa, metterebbe capo a una paradossale 'realizzazione del soggetto'.
Il verbo, si, ma in quanto atto di parola o sprech act creatore.La vera e autentica Parola di rivelazione è quella che crea (nulla) già solo parlando e che svela, così facendo, il proprio 'vuoto'. (S. 7)


Ma cosa è lo sguardo... la presa dello sguardo di altri nella direzione del desiderio?

Se non si valorizza la dialettica del desiderio, non si capisce perchè lo sguardo di altri dovrebbe disorganizzare il campo della percezione. Il fatto è che il soggetto in causa non è quello del desiderio. Si crede che si tratti dell'occhio-punto geometrale, mentre si tratta di tutt'altro occhio...
Ho già detto che lo sguardo non è l'occhio, salvo che in quella forma volante in cui Holbein ha la faccia tosta di farmi vedere il mio proprio orologio molle... (S 10-2-1964)


Nella contemplazione del quadro, l'occhio si riposa dallo sguardo?

Riprendero qui la dialettica dell'apparenza e del suo al di là, dicendo che se al di là dell'apparenza non c'è la cosa in sé, c'è lo sguardo.


E al di là dell'apparenza, c'è la mancanza o lo sguardo?

In modo generale, il rapporto dello sguardo con ciò che si vuole vedere è un rapporto di inganno. Il soggetto si presenta come altro da ciò che è, e quello che gli si dà da vedere non ciò che vuole vedere. In questo modo, l'occhio può funzionare come oggetto, vale a dire a livello della mancanza. (S 4-3-1964)

 
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