Psycoart
 
* Home       * Mappe * Multivers
 
 
   

Il Leonardo di Freud : "Un ricordo d' infanzia di Leonardo da Vinci"
Sublimazione / Anticipazione (Franz Kaltenback)

 

 

Confrontandomi con il 'caso Leonardo' (Freud 1910) in tutti questi anni, ho avuto modo di scrivere un libro sulla sublimazione. In questo volume ho fatto notare come Lacan non avesse voluto mai sostituire il destino della pulsione della sublimazione con il suo sintomo, che tratta nel Seminario (1975) su James Joice.
In questo libro ho anche affermato che entrambe le teorie, sia quella del destino della pulsione della sublimazione che quella del sintomo non sono importanti quando abbiamo a che fare con le grandi produzioni dell'immaginario ( J. Joice o Leonardo ) e questo perché le opere di questi uomini creativi hanno una propria intima coerenza.

Lacan in un altro Seminario - L'analogie du fantasme ( 1966-67) - dice che la sublimazione si trova a partire da una mancanza iniziale. Si può trattare solo della mancanza nell' 'Altro' con la quale ogni soggetto si deve confrontare...
Nella sublimazione questa mancanza viene sempre riprodotta in forme nuove, si può così dire che la sublimazione è una forma speciale della separazione dall' 'Altro'.
Questo ci fa capire come certi artisti riescono ad esprimere ed anticipare nell'opera quello che è il nucleo fondamentale che nel corso del tempo diventerà sempre più chiaro, non solo nell'opera, ma nel vissuto.
E questo ha a che fare con l'anticipazione

Così il primo Freud nonostante non possa ancora avere a disposizione la teoria delle pulsioni,
(sarà solo nel 1915 con la Metapsicologia) sa già, e dal 1895 che l'uomo è sottoposto e soggetto ad una spinta esterna fortissima ed è quella che forma la sua azione ed il suo essere.
Dunque ci sono artisti che antipano i tempi e sono precursori, e questo è il caso di Leonardo.

Daniel Arasse nella monografia su Leonardo da Vinci (1997) nota che nella questione del "movimento" Leonardo anticipa i suoi tempi... quando la prospettiva che la pittura aveva chiamato in causa per misurarsi era diventata una scienza.
Ma gli specialisti che si occupano di Leonardo dicono che lui diffonde la pittura su un'altra base, non quella della prospettiva o sulla scienza della prospettiva.
Non sono più gli oggetti in questa scienza di Leonardo che vengono rappresentati così come sono, bensi come appaiono o vengono illuminati nelle loro variazioni, nell'inclinazione della luce e dell'ambiente circostante, oltre a rappresentare innumerevoli rispecchiamenti che queste variazioni chiamano in causa.
Il mondo dunque è per Leonardo un gioco complesso di movimenti e per lui come pittore è importante rappresentarli in questa complessità.

Inoltre nella sua pittura viene implicato e coinvolto il soggetto sia come attore che come spettatore.
E non è irrilevante dove il soggetto si trova nel dipinto, e penso all' Ultima Cena dove ogni gruppo ha un suo moto dell'animo, moto che lo contraddistingue.
Leonardo quindi si interessa del dinamismo delle correnti e lascia la statica agli altri.
Sono le nuove regole della sua pittura e della sua scienza che naturalmente portano a questo movimento e questa complessità..

Ma cosa uniscono tutti questi movimenti e correnti diverse nell'opera di Leonardo.
A questa domanda si può rispondere in maniera tecnica e scientifica.

Ma al di la della tecnica c'è qualcosa d'altro, e per parlarne di questo mi servirò di un passo dei taccuini che si trovano al Brithish Museum in cui Leonardo sostiene che il desiderio nell'uomo di tornare ad uno stadio primario è una passione molto radicale, di cui non è cosciente, e questa passione è della propria "disfazione". E di questa brama Leonardo non fa solo una brama umana, ma la quintessenza dello spirito degli elementi.

Dunque c'è questo epilogo teologico dove gli elementi imprigionati nell'anima (più che una prigione è una gabbia) "desiderano di partirsi dal corpo umano per tornare al loro creatore, colui che li ha offerti ".
Perché bisogna sapere che l'uomo è l'immagine del mondo dice Leonardo.
Ecco perché Leonardo può dire di desiderare "la sua disfazione" perché sa che ogni particella del suo corpo come ogni particella della sua opera ritornerà al suo creatore.

Nel Seminario 4 (1956) c'è una critica di Lacan a Leonardo che non è scienziato nel senso di Galilei. Ma bisogna leggere questa critica pensando che in quegli anni Lacan era fermo nella posizione "dell'altro come luogo della parola e del linguaggio" e quindi delle sue leggi molto vigili e forti.
Questa distinzione tra l'altro e l' Altro ( relazioni con - la natura / luogo della parola -) in Lacan
non rimane però così rigida, quando in ultimo parlerà di un "Altro" che non è così sempre e che non è' tutto'.
Adesso naturalmente si pensa alla scienza in modo molto più sperimentale e all'idea di esperimento come nel testo di Leonardo, non necessariamente realizzato.

 
XLibro /  
Art/Versus Next | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 0 |