Herbert Westkemper : Il
bello di questo spettacolo a carattere sperimentale è che
l'aspetto tecnico preponderante non appare più di tanto e l'unica
presenza tecnica per il pubblico rimane la cuffia che ognuno degli spettatori
deve indossare.
Lo spettacolo si basa sul testo di Hugo von Hofmannsthal e narra la storia
di Elettra - figlia di Cliternestra - che sta con la madre e l'amante
della madre, assassini del padre - e insieme alla sorella minore vive
in attesa del fratello Oreste per ucciderli e vendicarsi.
Questa è la storia a sfondo mitico raccontata da Hofmannstal -
con gli occhi di Elettra - sempre in scena.
La nostra idea, mia e di Andrea De Rosa, drammaturgo e regista del testo,
era questa: noi vediamo lo spettacolo non solo attraverso gli occhi di
Elettra ma lo sentiamo anche attraverso le orecchie di Elettra.
E quindi l'idea è quella di fare sentire al pubblico la soggettiva,
il punto di vista di Elettra.
Raccontare e ascoltare con la prospettiva sonora di Elettra lo
spettacolo significa in qualche maniera creare una immagine sonora che
ogni spettatore dovrebbe sentire.
L'unica maniera per fare questo era dire... mettiamo ad ogni spettatore
una cuffia e generiamo un ascolto, un ascolto olofonico che prevede una
ripresa sonora molto particolare ed un ascolto attraverso una cuffia
di discreta qualità stereofonica.
Il segnale dal punto di vista tecnico è veramente un segnale stereofonico.
Quale è la differenza? Prima di tutto ascoltando normalmente un
segnale monofonico o stereofonico in cuffia si localizza tranquillamente
il suono, vicino o all'interno della testa. Quindi se c'è un segnale
che viene spostato dalla cassa sinistra a quella destra, se lo faccio
in cuffia il suono si sposta in ugual misura, ma sempre molto vicino
o dentro la testa.
L'ascolto naturale invece non è mai all'interno della testa.
Di solito tutte le voci sono fuori dalla testa e se io chiudendo gli
occhi sento qualcuno fare un rumore è chiaramente fuori e lontano
da me o comunque sempre ad una certa distanza.
Noi siamo in grado, ad occhi chiusi, di localizzare e valutare la distanza,
il movimento e la traiettoria di un suono.
La ripresa olofonica permette proprio questo.
Io registro due segnali che riproduco attraverso la cuffia e così ho
un ascolto tridimensionale, un' immagine sonora tridimensionale praticamente
come nella realtà. Quindi un ascolto per forza fuori della testa.
Come si realizza questo?
Prima di tutto lo strumento per registrare è uno strumento abbastanza
semplice che si chiama "testa artificiale" si tratta effettivamente
di una testa o di una simil testa con dei lobi auricolari di lattice
di gomma, mentre al posto dei timpani ci sono due microfoni.
Una configurazione quindi a tutti gli effetti che rispecchia la testa
umana - ché riproducendo i due segnali, un segnale stereofonico,
l'immagine sonora che si crea nella nostra testa e tutte le immagini
sonore che si creano nel nostro cervello, valutando delle differenze
tra i due segnali, questa immagine sonora è tridimensionale e
praticamente identica a quello che noi sentiamo nella realtà.
Come mai succede questo?
Diciamo prima di tutto che due informazioni - una che proviene dall'orecchio
sinistro ed una che viene dall'orecchio destro sono evidentemente sufficienti
a creare una immagine tridimensionale nel nostro cervello o nella nostra
testa: questa è la nostra esperienza da sempre, e non dipende
dalle invenzioni della elettroacustica.
Dovevo allora valutare quali sono le informazioni che riceve il nostro
cervello per creare queste immagini.
Se abbiamo una sorgente sonora che sta sul mio lato destro, il suono
che viene emesso da questa sorgente sonora arriva prima all'orecchio
destro e con un leggero ritardo in millisecondi, arriva sull'orecchio
sinistro. Quindi ho una differenza di tempo di arrivo minimo - ma c'è -
e varia ovviamente con la posizione della sorgente rispetto alla mia
testa. Un altro aspetto è quello della differenza di livello o
diciamo di differenza timbrica.
Voi dovete immaginare che se un suono viene da 90 gradi rispetto all'asse
della testa, la differenza tra un orecchio e l'altro è al massimo
come sorgente.
La mia testa o la testa di tutti funge da schermo acustico.
Vuol dire che un suono che arriva da destra arriva molto pulito, ricco,
sul mio orecchio destro -e arriva attenuato sul mio orecchio sinistro,
soprattutto sulle sequenze alte.
In questo modo posso pensare a due informazioni o due differenze interaurali
che sono caratterizzate dal tempo di arrivo diverso tra un orecchio e
l'altro e ad una differenza timbrica e di volume. Queste minime differenze
che variano a secondo dell'angolo (sul piano orizzontale) variano pure
secondo la posizione.
Noi fin da bambini impariamo a localizzare e a memorizzare nel nostro
cervello una differenza interaurale abbinata ad una posizione di provenienza
di una sorgente, di solito si fa sulla voce della madre che è riconosciuta
dal timbro -e quindi siamo abbastanza precisi nell' imparare a localizzare
e poi a memorizzare.
Sembra dunque abbastanza semplice generare questa dimensione diciamo
tridimensionale .
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