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Il concetto stesso di cultura fotografica può essere interpretato in maniera diversa nell'antropologia, comunque. Quello più intrigante è l'interpretazione che viene data della scuola americana ( Jane Rubin in particolare) che si potrebbe chiamare 'Antropologia fotografica'. Fare Antropologia attraverso l'osservazione fotografica e tramite il suo linguaggio, fornendo strumenti esemplari di scrittura, di scrittura della parola e scrittura attraverso le immagini con delle immagini che sia complementare e parallelo nello stesso tempo. Si tratta di affinare una metodologia di ricerca. Una modo per interpretare la nozione di cultura fotografica può essere quella suggerita da Chalfen Richard M. in 'Sorrida prego'. In questo saggio è contenuta una analisi estremamente intrigante di ciò che l'autore chiama 'Comunicazione visuale'. Certo così ci si sposta in un ambito di ricerca specifico ma in gran parte inesplorato, che è quello degli album delle foto familiari. Questo è uno dei filoni di ricerca dell' antropologia fotografica più promettenti. Chalfen parla della cultura Kodak ( prima della esplosione digitale) basandosi sul principio teorico e metodologico per cui fotografare è un modo di interpretare e dare senso alla realtà. Si tratta di un aspetto fondante dell' antropologia interpretativa quando ne presenta le infinite potenzialità del ricercare. L' altro aspetto antropologicamente importante è lo sguardo del fotografare. Noi guardiamo l'immagine non solo e non tanto per avere informazioni su ciò che la fotografia rappresenta, ma su chi ha descritto quell'evento e quella situazione. Che cosa ci vuole dire colui che ha fatto la fotografia? E che cosa nelle immagini coloro che sono stati fotografati hanno voluto dire, non solo al fotografo, ma a coloro che poi vedranno la fotografia? Bisogna dimostrarsi pionieri estremamente interessati, esattamente come Sommier quando raccontando il suo metodo di fotografare le popolazioni della Siberia da lui visitate negli anni 80' del 19' secolo, riferisce che 'queste persone erano fotografate come e quando e dove loro decidevano di essere fotografate'. Evidenziando tra l'altro la consapevolezza di quello che solo recentemente abbiamo cominciato a parlare, usando l'espressione 'di auto-messa in scena' del soggetto fotografato che si espone e si presenta al fotografo e soprattutto a coloro che vedranno, così come ritiene di essere. Si può capire la complessità e la ricchezza d' ambito di questo universo disciplinare e pluridisciplinare che racchiudiamo nel termine di Antropologia visuale. Educazione alla polis: di fatto una scienza applicata da sviluppare anche attraverso l'apprendimento del linguaggio fotografico. |
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