Beckett
 
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Beckett . O della immaginazione analitica.
L' Autobiografia post moderna - (C. Locatelli)

 

 

 

Ricordo che quando Cauteruccio portò in scena negli anni 90 un -Nastro di Krapp - materializzò in scena un Krapp del passato, interpretato da Fulvio Cauteruccio, tramite la figura di un attore mascherato che coinvolge in scena in una pantomima contrappuntistica un Krapp al presente, interpretato da Massimo Verdastro.
Facendo così Cauteruccio evidenziò il gioco di maschere che costituisce l'identità modernista e materializzò attraverso un massiccio iconismo la schizologia teorizzata dal filosofo Deleuze come una struttura identificativa dei soggetti tardo capitalistici. Quelle di Cauteruccio sono interpretazioni sensibili ad un istante di una ermeneutica della filosofia post moderna che ha problematicità nel soggetto contemporaneo, al centro dell' indagine Beckettiana.

Viene osservato dai critici come in questo " le forme concrete nell'esperienza della vita non si concedono una rappresentazione globale, e ancor mano una analisi di persona"

Si sostiene inoltre che a teatro "tutto va usato in qualche modo, in qualche modo per creare l'illusione di una personalità che scaturisce dalla vita vissuta, in presa diretta con tutto il suo mistero e la sua complessità e sgomento esistenziale.
Se si partisse da un resoconto completo perfettamente compreso del personaggio si presumerebbe una realizzazione nella performance che si differisce ad un altro"
Alla luce di queste premesse la scrittura autobriografica sembrerebbe una elusione inammissibile, soprattutto nella discussione dell' opera di Beckett, o sarebbe ancora da pensare come, e sarebbe questa una citazione Beckettiana,
"la serie singola delle transizioni dell'immaginazione".
In realtà questo corpus linguistico letterario che chiamiamo Beckett, anticipa le problematiche teoriche che contraddistinguono oltre al pensiero post strutturalista sulla soggettività, anche il pensiero post strutturalista sulla autobiografia.

La posta in gioco ideale della auto biografia è anche tradizionalmente la messa in scena della vita in presa diretta.
La scrittura post moderna ed anche quella del teatro, uso il termine scrittura eludendo quella teatrale, evidenzia come i soggetti post moderni siano condannati all'impotenza di includere il loro scriversi nello scrivere la vita, della vita, sulla
propria vita. Continuano cioè a mostrarci la non coincidenza di scrivere sé e scrivere di sé.

Questa impotenza ricorre in Beckett almeno fin dai tempi dell' Innominabile, cioè dal 1949 ed arriva fino a -Come è-
del 1988 passando per -Company- del 1980, inesplicità che dopo Husserl se non prima diventa la condizione stessa di impossibilità per pensare al soggetto contemporaneo.
Beckett esplora a fondo i fasti del soggetto contemporaneo - ossia del soggetto linguistico- sia a livello semantico che a livello grammatico, che a livello sintattico.
In lui quindi l'oscillazione tematica, drammatica e concettuale che articola e rappresentano l'impotenza a dirsi e a parlarsi, varia. Varia nell'asserire che la vita che uno vive è creata solo dal suo proprio dire, fino a mostrare l'inanità del catalogo, della enumeratio, si direbbe retoricamente, come figura cardine del raccontarsi.
La logorrea di -Non io - e la pratica di archivio di Krapp sono inventari al riguardo - così come l'epistemica visionareità dell'Innominabile. In breve Beckett articola il problema autobiografico sia a teatro che nelle prose e su diversi piani strutturali e funzionali, a livello tematico, a livello discorsivo, a livello semiotico.
Beckett direbbe a livello retorico, piuttosto che semiotico, proprio nel suo affermare che l'arte " è pura interrogazione, domanda retorica meno la retorica".
In effetti sia la rappresentazione che lo stile e la discorsività, ma anche la significazione vengono coinvolti nella creazione dell' effetto del reale che definisce un soggetto - ossia nella creazione dell' effetto di una soggettività che non esiste se non come effetto, e che è riconoscibile come contemporanea proprio perchè prodotta dal linguaggio.

Beckett si impegna radicalmente allora a ricostruire il linguaggio, usandolo ed interrogandolo simultaneamente.
Interrogo ciò che uso - ripetizione degli sviluppi che diventano le strategie retoriche oltre che epistemologiche abilmente intessuti nelle erte dei piani... ed ancora una volta esiste una ripetizione. - No time- è emblematica al riguardo.
Sul piano epistemologico, sul piano che strettamente riguarda le osservazioni che sto conducendo, va rilevato come l'aporia della auto espressione - (la sua impossibilità) la contradditorietà dell'auto espressione, sia al centro del pensiero strutturalista sulla autobiografia, così come la definizione stessa di autobiografia che è radicalmente messa in causa da una teoria post ermeneutica contemporanea, che non è più una teoria di senso ma della significazione.

E' chiaro che non dovrei dilungarmi troppo a seguire queste tematiche e quindi molto sinteticamente sottolineo come il concetto post moderno della autobiografia l'ha sovvertita passando da Beckett, da genere letterario a quella di figura di lettura. Abbiamo accennato alla aporia della auto espressione come impotenza ad includere il proprio scriversi nello scrivere di sé. Approfondisco qui questa tematica in relazione ai pretesti citati.
Potremmo sintetizzare un paradigma identificativo in questa maniera: -Atto senza parole Uno- valorizza il problema della azione come 'disinivoglia' per l'identità. -L'ultimo nastro di Krapp- valorizza il ruolo della memoria nella auto identificazione. -Non io- valorizza il linguaggio come possibilità costruttiva e decostruttiva dell' io.
Si osservi come comune a tutte queste tematiche e strategie discorsive è la ferrea resistenza beckettiana a qualunque proiezione identificatoria diretta - sia essa tra personaggio ed attore, tra personaggio raccontante e raccontato - e persino tra personaggio e voce - oltre che tra drammaturgo e personaggio e tra personaggio e Beckett.

Beckett oppone una precisa forza concettuale che diventa una lucida derisione nei confronti della illusione che i segni dell' io possano mai esprimere l' io. Anzi egli fa di questo esprimere 'extra esprimere' una metafora merdosa.
Così egli chiama questo soggetto alla ricerca della propria autoespressione ed autocomprensione... escremento per antonomasia. Inoltre connota questo ossessivo esprimersi del soggetto romantico questo registrarsi, e certificare la propria esistenza come un fallimento radicale.
Infatti Beckett " è il primo a desistere da questo automatismo estetizzato, il primo a sottomettersi completamente alla incoercibile assenza di rapporto, in assenza di termini - o in presenza di termini non disponibili.
Manca la possibilità linguistica di dire di sé e non sono disponibili i termini dello scrivere di sé, in effetti di dire mio altrimenti che in maniera staccata, ossia espulsa da metterci un soggetto che si chiama io"
E questo è centrale.


Carla Locatelli. Docente Università degli Studi di Trento. Autrice di molteplici testi critici sulla letteratura inglese contemporanea.Tra questi "Joyce and Beckett, Or the Classical Play of Avant-garde" Trento, 1996."Beckett's 'obligation to express': from a Mythology of Demystification to the Utterance of Better Failures,"Buckinghamshire,1999.

 
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