"Siccome
non possiamo eliminare l'uso di forme di linguaggio, dovremmo almeno
non tralasciare nulla che possa convertirlo a farlo cadere in discredito.
Fargli un foro dopo l'altro finchè comincia a filtrare ciò che
si cela oltre di esso, si tratti di un qualcosa o di un nulla, per uno
scrittore non posso immaginare oggi una meta più alta" Beckett.
Operare quindi dei fori per scoprire ciò che si cela oltre il linguaggio,
ma anche prima di ogni cosa cogliere nella discontinuità ciò che
filtra, come dice B.Dhort -la cultura si fa fluorescente-
Per Beckett il linguaggio è interruzione e registrazione dei punti
di 'disfazione'.
Usa in alternativa punto di catastrofe o punto di 'disfazione' (dai diari
di Leonardo) - come punto di frammentazione, seppur riconoscendo che nessun
frammento andrà perduto.
Il linguaggio stesso è registrazione di punti di 'disfazione' e
di catastrofe.
Nel caso di Beckett la catastrofe è al tempo stesso un nodo conflittuale
di simulazione ma anche una struttura formale che investiga la relazione
tra la manifestazione fenomenica ed il sistema che la sottende, vale a
dire quel sottomondo dove non è permessa nessuna classificazione,
non è richiesta alcuna esplicitazione e il cui fenomeno vale a dire
la performance non è altro che la lotta del nulla per acquisire
una dimensione storica.
In -Catastrophe- scritta nel 1982 viene messa in scena l'ultima fase del
paradigma tragico - la catastrofe in senso aristotelico: una prova, l'ultima
prova prima della rappresentazione.
Un unica scena che contiene tutti i luoghi scenici del teatro: la scena,
le quinte e la platea, diventano parti dell' azione.
Sulla scena, sul palcoscenico alto abbiamo un punto che è P
- personaggio, D è il direttore che ha usurpato il posto
del pubblico ( letteralmente tra il pubblico) ed ha bisogno di questo distanziamento
per vedere come appare P.
Poi c'è A, l'assistente, una ragazza,
che prende appunti e che va su e giù a
dare istruzioni a questo protagonista assolutamente inerte,
con un cappello enorme che gli copre il viso, e con una sorta di vestaglia
nera seduto su di uno sgabello...
Da queste semplici relazioni cominciano tutti i giochi straordinari di
verticalita e di orizzontalita condotti dall'assistente.
In realtà la funzione dell'assistente è quella di facilitare
il P, che viene spogliato in scena, denudato, e la carne imbiancata.
Poi accade che per l'inerzia... P nella didascalia finale improvvisamente
alza il viso e si rivolge al pubblico.
Finalmente apre gli occhi.
Con -Catastrophe- scritta nel 1982 viene messo in scena l'ultima parte
del paradigma tragico.
Si tratta dell'ultima prova, è una prova di scena, dell'ultima scena
di una pièce anonima. C'è stata certamente una tragedia.
Il meccanismo metateatrale è evidente ed esplicitante, e la trasparenza
del processo significante è messo in scena come mezzo ed oggetto
di rappresentazione.
Lo spazio teatrale è vuoto, anzi ridotto ad un punto vuoto definito
solo dalla posizione di P.
La scena non esiste, è vuota, c'è solo P, una sorta di archetipo
di protagonista, mentre lo spazio e dis-occupato dal regista che siede
in platea.
Essendo dunque una prova la recita sembra avvenire in assenza - mentre
gli spettatori sono inseriti nel circuito dello scambio drammatico, nell'ironia,
come interlocutori privilegiati di quello che noi chiameremo un 'a parte'.
E dunque i due estremi P e D, Protagonista e Direttore... e quindi l'evidenza
di una
verticalità.
La scena è alta, P è su uno sgabello, poi vadremo che il
direttore dirà all'assistente di metterlo ancora più in alto
perchè non vede i piedi, perchè non vede gli alluci - i due
estremi.
Mancano i limiti di questa sorta di spazio verticale che taglia attraversando
in senso orizzontale il palcoscenico, e ne taglia cioè il
continuum.
L'interazione è la coesistenza ridotta ad una traiettoria geometrica
disegnata dall'assistente che va su e giù per le scale.
La verticalita conduce a velare il volto e piuttosto a scoprire
i piedi attraverso un tronco che rende il protagonista prima tutto un'
oscurità organica, all'interno di un bozzolo che nutre in realtà un
'teschio' e poi due mani che diventano una sorta di tenaglia.
Ad un certo punto chiederà : come è la nudità?
...La muta dei serpenti e degli animali...
Com'è il cranio sotto il capello.... è in muta, si va trasformando, è muta
o nascita....?
Non ci sarà bisogno di esplicitarlo, non ci sarà nessuna
gag che interromperà l'azione.
Ad un certo punto l'Assistente vuole che il Protagonista faccia qualche
cosa.
Ma che senso ha fare una gag!
Una gag interrompe l'azione e ritarderà lo scioglimento, e ciò che è peggio
una gag può dare la chiave di lettura di un testo.
Comunque gli viene tolta la veste, vengono scoperte le gambe, sollevato
il piedistallo perchè si vedano gli alluci, ed ancora, reclinata
la testa.
Portate poi le mani a tenaglia, disposte in positura di preghiera, e sollevata
poi la testa per mostrare il volto solo un istante...
- Ma Perdio dove siamo? in Patagonia - Urla adesso il Direttore
Questa è follia della esplicitazione.
-Questa è la nostra catastrofe- dice.
Dunque P ha eluso le istruzioni, la metafora è sfuggita al metaforizzatore, è resurrezione, è morire
di non poter morire, è innamoramento frugale e pittorico.
E' politico, ricordiamo che questo è un testo a favore
di dissidenti politici anche se non è chiaro se la dedica è stata
scritta prima o è posteriore ad un testo che già aveva scritto.
Ma la cosa più interessante è che nel momento in cui viene
recensito -Catastrophe- uno dei critici dice
- Ma la fine è ambigua
-
e Beckett in uno scatto di d'ira risponde
-Non è ambigua affatto
nel finale. Lui sta dicendo... bastardi, non mi avete finito -
E questo va bene per tutto. Va bene per il paradigma cristologico che lo
perseguita, Cristo sulla croce, per il dissidente, per Guevara ritratto
da morto come il Cristo del Mantegna... Proust.
Annamaria Sportelli. Docente di letteratura inglese alla
università di
Bari.Tra le pubblicazioni - At the Edge of Genres. Ai confini del genere
letterario, 1998.
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