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D.
-E' ancora questa l'essenza della fotografia… PierLuigi Tazzi -Considero ancora valida
la definizione data da Roland Barthes sull'essenza della fotografia in
uno dei suoi ultimi libri, il magnifico La
chambre claire . D. -Gli autori che scegli usano il corpo come sorgente del loro lavoro… P.T. -E' stato solo per la terza edizione di SPREAD
IN PRATO che la
mia scelta si è orientata su artisti che hanno preso come soggetto
il corpo, anche se da sempre ho avuto un occhio di riguardo per quanti
hanno praticato questa strada, da Nadar e Lewis
Carroll, attraverso Diane
Arbus e Larry Clark, fino ad artisti del nostro tempo quali Thomas Ruff,
Rineke Dijkstra, Bill Henson, Philip-Lorca diCorcia, Isaac Julien e Adi
Nes.
P.T. -Uno degli effetti della fotografia è indubbiamente il suo
carattere di documentazione di “ciò che è stato”, per riprendere
la formula barthesiana.Ma questa funzione non è né la sola
né esclusiva. La sua potenzialità rappresentativa ha una forza persuasiva straordinaria e impareggiabile a fronte di ogni altro sistema di rappresentazione di cui la cultura umana si sia dotata nel corso della sua storia. La sua immediatezza di lettura consente quanto in altre forme è di volta in volta, di epoca in epoca, suscettibile di essere ostacolato. Tuttavia a fronte di questo sta la sua inconsistenza materiale, la sua incorporeità, che ne è il limite e la qualità.
P.T. -Se ho ben capito il senso di questa domanda,
si vorrebbe un combattimento per la definizione e la creazione dell'immagine – parafrasando il titolo
di una mostra memorabile curata da Daniela Palazzoli nella prima metà degli
Anni Settanta, e il lavoro della Palazzoli è stato fra i più proficui,
e non solo in Italia, per la valorizzazione della fotografia in ambito
artistico. Io non credo che ci sia alcun conflitto e vedo con grande simpatia la convivenza di diversi sistemi di rappresentazione, che arricchiscono sia la molteplicità della scena che le possibilità di espressione.
P.T. -Il doppio fotografico non è mai veritiero, è sempre
il risultato di un artificio, tanto più se prodotto da un artista.
E' come se dicessimo che la pittura è divenuta obsoleta, o che la
scultura oggi non ha più senso, o che il disegno è appannaggio
solo di malati e di bambini. Mi sembra al contrario che la fotografia almeno da oltre trent'anni goda di un'ottima salute e non abbia alcun bisogno di esser messa nella pensione della storia, ovviamente intesa come storia passata.
P. T. -La nostalgia è uno dei più tipici e persistenti sentimenti umani. Perché demonizzarla? Entra nell'arte, che è sempre e insieme anticipazione e memoria, e dunque può, secondo me, affettare impunemente anche la fotografia, intesa sempre come mezzo dell'arte, e non astratta in una sua specificità disciplinare, che pur riconosco in certi autori, quelli che chiamerei fotografi-fotografi e delle cui pratiche non sono che un molto modesto conoscitore.
P.T. -Nessuna opinione, non avendo la minima idea di quel che sia.
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