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Carla Accardi. Rosso-blu n° 5, 2006 part.

DI-SEGNI

La mostra DI-SEGNI / DRAWING(S) nelle sedi di Napoli (27 settembre) e
di Roma (29 settembre) dello Studio Trisorio presenta artisti di diverse
generazioni – da Carla Accardi, Trapani 1924, a Wael Shawky,
Alessandria d’Egitto 1971 – e di diversa origine e cultura –
nati in Italia, in Grecia, in Germania, in India, in Spagna, nel Galles, in Egitto,
sulle opposte sponde del Mediterraneo o in riva ai grandi oceani; abitano da
tempo grandi centri in cui si sono pienamente integrati,
o solo in parte, esuli volontari, migranti o stanziali,
oppure vivono ed operano in aree che avremmo detto
una volta periferiche, ma non meno dense di vita e di storia,
e allora cittadini del mondo attuale nelle sue varie conformazioni. Sono uomini e donne, laici e religiosi, ampiamente riconosciuti nel mercato dell’arte oppure attualmente più defilati. Il mondo di oggi nella sua infinita varietà e ricchezza è il loro terreno comune.

Oltre a questa comune condivisione quel che li unisce in questa occasione è una radice antica quanto la cultura dell’uomo:
la pratica del disegno nelle sue molteplici variazioni – appunto, progetto,
nota a margine, tracciato incontrollato, o texture pazientemente, appassionatamente, amorosamente, costruita, a segnare un punctum, un momentum della loro esperienza di quel mondo e di quel tempo
che condividono, anche quando se ne siano andati, ma che continuano
a segnare con la presenza attuale di una loro personalissima traccia.
E noi, i pochi – dice Maometto, dei dormienti nella caverna:
“Solo il mio Signore sa con più precisione il loro numero.
Nessuno li conosceva salvo pochi” - non li dimenticheremo mai, non li dimentichiamo.

Dalla testa, dalla mente, dal pensiero chiaro o oscuro, dal cuore di tenebra, o rischiarato da una qualche intima consapevolezza, percorrendo le misteriose e segrete vie del corpo, alla mano nei suoi moti gravi o leggeri, abili o automatici, e quindi alla pagina bianca, alla fragile tavola di iscrizione:
figure, segni, macchie di colore che si espandono in superficie, che sembrano emergere da profondità insondabili a marcare uno spazio o a
costruirlo a vista, minimo effimero inconcluso, e dunque aperto e generoso.
Guardiamoli allora con attenzione: ci riguardano, da vicino, o almeno più da vicino delle grandi opere.


Pier Luigi Tazzi
Firenze, settembre 2006


 
 
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