...Biennale Teatro...

"We're talking about
music"
Creazione per La Biennale di Venezia
Produzione: Teatro Metastasio Stabile della Toscana
 
 
...Biennale Teatro...Zhunin e Alimpiev
"We're talking about music"
“Cosa succede se il pubblico va ad ascoltare la Sinfonia n.1 del Concerto per pianoforte e orchestra op. 35 di Schostakovich e trova quattro direttori che declamano poesie fino a sfociare in uno scroscio di voci minacciose?
...Incontro con gli autori...
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


D. -Come è nato il progetto We're Talking About Music 

V.A -Abbiamo ricevuto una proposta dalla Biennale di Venezia che sarebbe stato difficile rifiutare.

M.Z -Dal punto di vista formale...
come il nostro progetto "Ode" era dedicato allo stato lirico nello stesso modo abbiamo attinto a questo lirismo, come condizione intima, come stato distaccato dall’oggetto; poiché a dire il vero non avevamo alcun interesse per la causa che suscita questo stato lirico.
Come esempio di stato senza oggetto abbiamo ripreso l’ode antica, dove il poeta non sapeva spesso di colui che doveva lodare. 'E puro entusiasmo senza oggetto
Come dicevo abbiamo preso questo racconto, il racconto della musica - come la cosa più strana che esista- e poi abbiamo inventato questo schema e dopo ancora abbiamo trovato l’opera che
volevamo raccontare.
Per noi era più importante questo racconto che la musica.
L’opera di Schostakovich composta in gioventù è molto eclettica e dentro di essa vi è un grande coraggio.Il compositore non ha paura di essere sentimentale o di esprimere patos. Per noi è molto interessante raccontare questa musica
'E più interessante di tanta musica confezionata e della quale non si può dire niente perché
racconta solo di se stessa

D. -Come è avvenuta la trascrizione della musica di Schostakovich?

M.Z -Abbiamo scritto da subito la sceneggiatura che poi abbiamo provato in teatro.
Durante l'allestimento la sceneggiatura è stata precisata sebbene non di molto.
Di solito immaginiamo in modo molto puntuale ciò che dovrà accadere.

D. -Come è stato elaborato il testo e la partitura per le voci?

M.Z -I testi poetici sono stati scritti da me e da Victor.
Molte battute vengono intonate come uno strumento durante il procedere dello spettacolo. E per parlare del modo nel quale gli attori le pronunciano devo dire che è molto legato alla musica e ancora di più alla tecnica di esecuzione di un brano; come ogni musicista che tratta il senso ed
anche il suono durante il suo lavoro.
 
 
 
 

D. -Nel vostro teatro si percepisce come una cinematica...

V.A -E questo fa un buon effetto?
- Si! Certo.
-Quando abbiamo scritto la sceneggiatura abbiamo pensato molto al montaggio ed i metodi che usiamo durante il montaggio scenico non sono molto diversi da quando uniamo una azione insieme ad un altra nei video-progetti. E' una modalità che utilizziamo in modo molto cosciente.
Va detto che durante lo spettacolo vi sono quattro azioni che si svolgono parallelamente e questo ci permette di fare un montaggio per scene concomitanti raggiungendo una intensità elevata.

D. -In We’re talking… le dinamiche dello spazio sembrano esporsi come su di una time-line, mentre lo schermo assume tutte le proprietà della visione...

M.Z -Il nostro naturalmente non è un video-progetto adattato al teatro.
Questo è un progetto emancipato e teatrale.
La teoria secondo la quale è lo schermo che determina la tensione dello spettatore
non mi piace affatto, perché io penso che dentro questo schermo o monitor
lo spettatore deve avere sempre la possibilità di scegliere a cosa dare più attenzione e
naturalmente questo deve accadere anche in teatro.
Nel nostro spettacolo ci sono momenti, nella composizione, in cui proponiamo allo spettatore diversi centri di attenzione. Voglio dire di più: che tutti i ventisei attori che partecipano a questo spettacolo
sono i ventisei centri dove lo spettatore può guardare con attenzione.

V.A -Questo significa anche che è stata applicata una interpretazione (già nella sua domanda)
che è dovuta alla distanza tra le parole ed il contenuto stesso.
E poi per essere più precisi devo dire che questa time-line, per metafora, è più vicina alla traccia audio con la progressione delle frequenze sonore che a quella video

D -Potrebbe anche accadere che non vi sia più niente da vedere?

V.A -Forse che la bellezza non ha il prezzo assoluto...

D. -E dunque nuovi sensi e nuovo senso

V.A -Questo assomiglia molto ad una immagine supplementare che riguarda il nostro spettacolo.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
...Potete immaginare una orchestra che sta suonando un pezzo musicale ?
fate attenzione -dico- perché questa immagine sarà silenziosa.
Si può immaginare un violinista che suona e immaginare questo suono.
E si può immaginare l'orchestra sinfonica che ha una struttura molto complessa;
togliete questa immagine dell'orchestra e arriverà la musica. Poi quando ritornerà di nuovo l'orchestra vi verrà incontro un paesaggio di Kaspar David Friderich senza alcuna musica

M.Z -Per continuare su questo discorso a me piace utilizzare i sensi che esistono già, non c' e motivazione né senso a creare un altro senso.
Si! Questa immagine dell'orchestra che è silenziosa in realtà è lo stato dei sensi  quando si suscita il silenzio. Ed il nostro spettacolo è fatto per realizzare questa procedura con i nostri sensi:la procedura del silenzio; che è anche "differenza" e confine molto sottile tra i sensi.
Che come dice Victor
-la bellezza è il prezzo assoluto-

D. -In “Ode” ( video-progetto del 2003) alcuni critici vi hanno ritrovato i temi della Russia avant-garde dell’inizio del secolo; è stato volutamente cosi?

M.Z -Certo che si!
Questo periodo nella storia dell'arte è molto interessante, anche il concerto di Schostakovich appartiene a questo  periodo.  Ma a me non  piacciono le  sfumature  politiche  per quel che riguarda l'arte. Ma capisco Victor che usa la risoluzione politica come un elemento di provocazione.

D. -E a proposito della definizione -coreografia dei comportanenti- data ai vostri spettacoli.

M.Z -Mi sembra una definizione molto interessante! perché quando noi  spieghiamo agli attori quale spettacolo vogliamo realizzare, diciamo che si trova al confine tra il teatro di dramma e di prosa ed il teatro di coreografia.
E' pur sempre "coreografia del comportamento" perché i nostri movimenti, il nostro comportamento
e quello che facciamo di solito è un rito quotidiano, abitudini del senso psicofisico che noi
prendiamo a pretesto e sono queste abitudini che riguardano la coreografia dei comportamenti.
 

D. -E dei i sistemi energetici applicati all’attore… mi riferisco alle teorie di Mejerchold, sono possibili aggiornamenti a queste lezioni?

M.Z -Ho visto molti filmati di Mejerchold che riprendevano le sue prove a teatro e mi hanno fatto una impressione molto strana. C'è un effetto di schizzofrenia ( nel suo comportamento) verso la politica e verso il teatro. Assomiglia molto al modo come il nostro spettacolo tratta la musica di Schostakovich.
lo stesso livello di concentrazione, una concentrazione da schizofrenico!...ogni volta
che cerco una cosa che equivalga, in senso plastico, alla musica di Schostakovich.

D. –Quel clima di tensione artistica e morale dell’ avant-garde dell’inizio secolo può rivivere ai giorni nostri?

M.Z -No. E' finito tutto con la perestroika e con l'arte degli anni 70' .Grazie a dio!
E non perché non mi piacciono le cose politiche. E' che non mi piace questa morale in senso verticale.In ogni caso ai giorni nostri non si usa più parlarne, perché ne abbiamo parlato troppo negli anni precedenti. E poi devo dire che questo senso morale è diventato molto intimo e la nostra arte cerca oggi in questo senso di rispettare questa morale.
Vivere nel lirismo è la nostra manifestazione morale.
Si manifestano gli stati d'animo giusti... e questo riguarda in generale l'arte e non solo la Russia

V.A -Vorrei aggiungere che esiste un certo ritorno al sentimentalismo ma mon si tratta di "Main
Street". Noi vogliamo più di tutto sedurre, e nel sedurre una ragazza non c'è niente di nuovo.
Che in questa seduzione un poco diretta si senta qualcosa di nuovo, un elemento di freschezza.


D. -Il modello “proiettivo” in teatro è molto cambiato. Come vivete questa relazione tra artista ed osservatore.

M.Z -Il nostro spettacolo dà alcune posizioni per guardare in senso contemporaneo.Noi lavoriamo nella zona della percezione, non lavoriamo sui generi. Come unico problema che affrontiamo c’è la difficoltà di raccontare. E questo problema fa parte di questa pièce teatrale.

 
 
V.A -In ogni caso non è nostro il problema è del “personaggio”

D. -L’esperienza di “Rock music” potrà avere un seguito? Ricreare le atmosfere di una altra epoca con le tecnologie moderne…

M.Z -No.
In quel video-progetto abbiamo usato un’altra epoca (periodo sovietico) come contenuto supplementare. Il nostro scopo in ogni caso è quello di creare una certa scultura.Scultura intesa
come la capacita di generasi dell’ arte che provoca il senso e la compassione motoria. Ed il linguaggio che usiamo cerca di superare ogni impossibilità di raccontare le cose.

D. -E del teatro “incorporeo” un tema ricorrente ai nistri giorni...

M.Z -Ma dipende poco dalla capacità artistica
Gli attori per noi devono essere dei buoni musicisti e devono sapere benissimo e sempre in modo molto preciso cosa fare e quale è l’ effetto che suscita la loro presenza sul palcoscenico, come loro stessi producono degli effetto sugli spettatori... Noi montiamo questi stati, quando loro sono se stessi ed i momenti quando compiono certe azioni che assomigliano ad esecuzioni musicali.

D. -In effetti sorprende che possiate lavorare insieme in questo modo

M.Z -In teatro è molto difficile trovare una coppia di artisti creativi che lavorano insieme forse perché in teatro c'è una dittatura molto feroce e questo riguarda anche la messa in scena dei testi. In questo senso il nostro teatro è molto diverso, nel senso del potere intendo, perché abbiamo un potere diverso.
Non è la democrazia ma il potere del silenzio che provochiamo.
E nella "creazione" non abbiamo pareri diversi perché non abbiamo ancora “l' interpretazione”
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