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- L'immagine in movimento -


Netmage Festival
Perchè questa pratica potrebbe incuriosire?
Perchè lo spostamento che il festival sta facendo da qualche anno a questa parte è quello di occuparsi sempre più del reale, sempre più di come raccontare e documentare o testimoniare i luoghi del mondo, magari quelle zone d'ombra, quelle aree non evidentemente note o riconosciute, con un taglio che una volta si sarebbe detto di documentario sperimentale.
Oppure d'altra parte come forzare le categorie dentro cui il nostro modo di lavorare si inquadra sopratutto nella messa in scena cinematografica - come provare ad immaginare che sia possibile tradire lo schermo fisso e, le modalità della narrazione su di un unico schermo - principalmente.
Questi sono i due grandi orizzonti del festival: da una parte sollecitare gli autori a creare documenti ed opere che raccontino ed evochino il mondo o mondi.
E dall'altro spingere la visione su più schermi.

Esempi e alcune definizioni.
La restituzione della situazione di queste riproduzioni “video” è sempre parziale - si tratterà sempre di una traccia molto vaga dell'opera poichè non si tratta di opere nel senso classico della fruizione con uno spettatore fisso a guardare…


Vi parlerei di Armin Linke che abbiamo chiamato a esibirsi in live presentando un’opera inedita: Linke ha interpretato questa nostra commissione con una serie di sue fotografie legate alla sua ossessione di fondo: cioè luoghi che non è troppo possibile vedere, che non è facile vedere, oltre i confini spesso di dove l’uomo è solito facilmente giungere e, e in un modo inedito. ha scelto di accoppiarle con i suoni prodotti dal musicista svedese Carl Michael von Hauswolff.
Per mezz'ora il pubblico ha potuto vedere muoversi l'immagine in nessun altro senso se non in quello di un occhio che (un po’ come nel film Blow up che voi avete senz’altro visto), si muove all'interno dell'immagine. Questo occhio, in queste enormi immagini di Armin Linke riprodotte su due schermi si muove seguendo un percorso, forse quello’ dell’artista quando scatta, forse una sua ossessione dentro l’immagine, come fosse uno sguardo dal vivo, in diretta.
Armin Linke ha cioè provato a fare lo sforzo di guardare le proprie immagini come se le stesse ascoltando. Provare a muoversi dal vivo dentro lo spazio della propria immagine come se stesse cercando dei suoni. E questa esplorazione del campo dell’iimmagine dal punto di vista fruitivo ha generato una straordinaria tensione.
Il movimento che Linke faceva con una sorta di “mirino” invisibile e che semplicemente era una sorta di messa a fuoco, era un movimento che giunto ad un cerrto punto prevedeva un salto, una dissolvenza e un ingresso nell'immagine successiva.
Il raccordo delle poche immagini (una ventina, non di più) presentate in suequenza nel live partiva da una immagine di paesaggio e finiva sulle immagini che Armin Linke ha scattato durante il G8 di Genova, all'interno della zona rossa.
E quindi tutta quella tensione che attraversa la sua mezzora di Live arrivava in un luogo connotato simbolicamente e prendeva la forma di una esplorazione in cui sotto la dimensione politica prendeva progressivamente consistenza dallo sguardo e l'ascolto.


Vjiing | Real view
L'ambito di ciò di cui abbiamo parlato, normalmente è in parte malinteso dal fatto che nella cultura della musica elettronica intelligente durante gli anni novanta, il primo spazio che ha ospitato immagini dal vivo in movimento su schermi e sonorità in realtà è lo spazio del -club-
Poi ci sono stati spazi per live elettronics e dei mondi di quella che è stata definita cultura post-rave nei festival o nei Musei, Centri d'Arte.
Ma sono passati quindici anni e l'intensità e l'energia con cui quella zona li di frontiera di sonorità elettroniche sino ad allora inedited veniva sperimentata fra fine anni ottanta e metà anni novanta, evidentemente non è più quella di oggi. Questo non vuol dire che c'è stato un decadimento o un peggioramento, semplicemente che non c’è forse più spinta propulsive generazionale....
E chi si è formato in quel contesto oggi ha un altra vita: o fa l'autore oppure è un filmaker, un art director, un video o un webdesigner, in alcuni casi un artista. Però l'energia e l'intensità, la potenza che si respirava nella cultura che stava tra la musica elettronica e anche un certo tipo di intrattenimento è direi decaduta.
Un po’ per questo forse è non è il vjiing ma l'interesse per il reale, oggi - talmente urgente e difficilmente manipolabile - è la vera frontiera su cui lavorare. Anche se è la modalità più antica, storica quella del rapporto con le immagini del mondo,
Naturalmente benché molte opere riprodotte qui monocanale a scopo documentativo possano somigliare a dei video clip e benché ci siano delle zone del video clip nell'ambito della musica elettronica che sono tangenti a questo mondo – vorrei ribadire che siamo in un altro territorio e che il videoclip non c'entra quasi nulla. Non c'è nessuna relazione specifica tra video clip, che è una forma legata ad una necessità di rappresentazione della musica più o meno pop, creato a scopi epr lo più commerciali, ed il mondo di cui parliamo, che è un mondo molto più coerente con il mondo delle arti visive.

Ciò che mi interessava oggi problematizzare , prendendo questa carrellata di immagini da netmage è alla fine fondamentalmente come le immagini si muovono, si trasformino, corrano, scivolano da un posto all'altro e come lo spazio, e lo spazio critico su cui stiamo lavorando e con cui Netmage cerca in parte di misurarsi è questo modo di trasformarsi e del correre delle immagini dal vivo; sia perché l'immagine e l'immaginario che poi riescono vengono manipolate dal vivo.
Questo anno Netmage si è aperto con un grande evento realizzato da David Lynch che volendo promuovere in modo originale il suo nuovo film -Inland Empire- ha constatato, con il suo staff, che il festival Netmage poteva essere il posto più pertinente in Italia per presentarlo. Si tratta di un film molto speciale, oltre certi limiti su cui già si era spinto Lynch.
Si tratta di un film difficile e balzano, straoridinariamento intenso e di ricerca, e probabilmente presentarlo in un contesto di ricerca potreva essere un’ottima cosa.
Netmage lavorare sull'immagine dal con il pubblico che entra in una dimensione ipnotica, o immedesimata o tradizionalmente fruitiva, su più schermi, e questa era forse una coincidenza che lo ha reso uno scenario ideale di piattaforma per il film.
Il festival ha aperto dunque con questa manipolazione dal vivo di quattro sorgenti diverse, con Lynch collegato da Los Angeles, Angelo Badalamenti collegato da Austin - Texas, ed un musicista di musica tecno e di ricerca piu affinata a cui Lynch si è affidato per raccogliere gli in-put di Badalamenti e trasmetterli nello spazio a Bologna della sala di Palazzo Re Enzo. Tutto questo manipolato da Enrico Ghezzi e Montanari, che diciamo erano le mani di David Lynch. Questo ha creato un bizzarro corto circuito tra una frontiera cinematografica che sicuramente Lynch ha toccato ed esplorato - un contesto su cui noi lavoriamo, un contesto -fra- mondi, tra il mondo dell'arte visiva, tra il mondo del cinema e la musica elettronica - ed un mondo e un immaginario che è appunto quello che più ci interessa: quali sono i modi per raccontare, immaginare, interrogare gli immaginari che i media in qualche modo replicano e riproducono e che gli artisti nella loro splendida e a volte fortunata o disperata condizione inevitabilmente generano o creano…
E così da questa presenza, un poco si è tornati sul fatto che la domanda fondamentale che più muove e ci muove in questo percorso di ricerca è: - dove sono le immagini, a che stato si trovano e dove abitano e intervengono e come dialogano con i nostri immaginari? Sono domande inaffrontabili, vitali che però è una fortuna, avere da una parte degli strumenti per poterli verificare e sicuramente un festival come Netmage con le piccole produzioni su cui il festival si concentra, per chiamare degli artisti a produrre un documento ad hoc - autori e filmaker.


Live Team
Per concludere una riflessione sul lavoro condiviso e in team: è vero che senz'altro l'enorme possibilità di manipolazione delle immagini, l'enorme accesso che consente la rete e non solo portano a creare degli strumentari in cui tutto l'armamentario tecnologico che era diviso in varie competenze fino a qualche anno fa si riduce quasi ad un unica macchina - quasi.
Ma è anche vero che la richezza e l'intensità delle opere che si possono produrre è molto spesso figlia o legata a delle collaborazioni che diventano a tratti collaborazioni di vita.
A Firenze per tanti anni è vissuto il collettivo di ricerca Ogino Knauss che è un gruppo che con competenze diverse hanno lavorato sulla ricerca video per molto tempo. Ora la conclusione è che per realizzare un festival o una mostra e ancora di più per creare le opere che non avete visto ma avete immaginato o che vi ho sollecitato a immaginare - creare e lavorare in team è una condizioni necessaria. Aiuta perchè si dialoga, perché quando si lavora sulle immagini tanto più forte è il dialogo tanto più ci si misura sui loro limiti.

E sia perchè richiede come tradizionalmente il cinema, per essere ad un alto grado di finitezza - una compartecipazione.
Come al cinema, ma gestito, sorretto e prodotto da un team di persone, queste altre forme, forse di frontiera come i live media, la presenza di più persone che gestiscono più segnali è straordinariamente importante. -



La comunicazione è stata rilasciata il 29 gennaio 07 da Andrea Lissoni (Accademia di Brera/Xing)
presso la Fondazione Studio Marangoni Firenze, Via San Zanobi 32r - 50129.



 
 
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