Soggetto - 11
 
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‘ Laboratorio '

... sul rapporto con il corpo e lo spazio che lo circonda.
Otto giorni in una stanza vuota con Kinkaleri
sperimentando la presenza e la dissimulazione sulla scena.
         

 

In questa conversazione con Kinkaleri  si parlerà - preferibilmente - del senso e dei nuovi sensi che le tecnologie digitali ( suono e spazio pluri-dimensionale) stanno promuovendo. Uno di questi transiti (il più evidente) è il passaggio da una linearità temporale al multiverso brillante di anni luce…


-Vi è una condizione critica portatrice di cambiamento e comunque di rapporto sensibile che si sta sviluppando -
e mi viene spontaneo pensarlo…che si tratta di un rapporto (nuovo) con l'immaginazione.
Mi sembra che una parte della fisica quantistica abbia già elaborato una teoria del reale e dell'esistente partendo dalle ipotesi e dalla immaginazione - e dal fatto che un elemento per essere conosciute debba essere misurate in un momento preciso e che in quel momento è quello ma che nell’attimo successivo potrebbe non esserlo. Quindi un sistema soggettivo/oggettivo di segni che abbiano la loro valenza, abbiano una loro rispondenza e delle loro leggi  – che poi si applicano semplicemente immaginandole.

Questo allora per me diventa un campo assolutamente attivo e pieno, nel momento in cui mi lascia semplicemente il bordo da definire -o un orizzonte continuo che mi trova ad osservare  - e scrutare il momento in cui  torno a 360 gradi sulla stessa posizione… per scoprire che la stessa cosa può essere cambiata. Questo per riconsiderare un rapporto con la realtà - finalmente - come un supporto che io posso decidere e modificare.E’ come se ci fossero delle parole in più in qualche modo da potersi inventare, dandogli un senso proprio, una legittimità propria, per metterla a disposizione di chi è di fronte a me - che non vuol dire l'anarchia della comunicazione - anzi non vuol dire per niente la comunicazione, vuol dire proporre costantemente una serie di segni che hanno rapporto esclusivo con il mondo con cui abbiamo a che fare – da cui  poi comunque si ristabilisce in una certa dimensione la mia percezione dell'attimo delle cose. (Massimo)


-  Soggetto 11 - è un laboratorio rivolto alle infinite possibilità del soggetto/corpo - che pur nell'invocare serialità e casualità della composizione - non può fare a meno di attingere al vocabolario elaborato all'interno di una certa cultura del corpo e del movimento


- ‘Soggetto 11’ nasce dalla necessità di fare apprendere una coreografia attraverso il supporto di un video. Tutti i partecipanti prima di venire al laboratorio avrebbero dovuto imparare una frase - una frase molto semplice… da danzare – e comunque attraverso quella stessa frase … azioni-gesti-movimenti, noi avremo iniziato a lavorare, lasciando a loro il modo di verificarla e modificarla. Così nella differenza che ti permette di poter dire anche altro - tuo malgrado - entra in campo il rapporto fisico che ognuno mette in atto… seppur coinvolti nella riproduzione di una dinamica in particolare. (Marco)

-(Cristina) L'elemento fondamentale comunque è l'esperimento che non prende in considerazione semplicemente l’aspetto coreografico, ma lo utilizza come una forma ed un codice. Ciò che in realtà durante il lavoro sarà fondante é la presenza della telecamera che in qualche modo va ad intromettersi nel rapporto o nella percezione che si  ha di se stessi - nel momento in cui riproduce del movimento. Nell'uso della telecamera è poi previsto che si vada a riprendere dei particolari, non tanto la figura intera –  piuttosto un volto o uno sguardo o una espressione.In questo senso il lavoro è rivolto alla percezione che si ha del proprio corpo nel momento in cui questo corpo si rappresenta.


- In un universo aperto - il corpo sottile - è spiegato ai sentimenti  ed alle energie fondanti dell'esserci.. un nuovo modo di far sentire la superficie  - la pelle - la densità plastica



-Credo - come dicevo poco fa, che si sta per la prima volta creando un  rapporto nuovo che prima era relegato in qualche modo ad una condizione poetica (una condizione creatrice sublimata) quindi ad una sublimazione dell'esistenza - ora mi sembra che questo esistente si stia da una parte poetizzando, mentre una serie di leggi naturali e fisico naturali sono diventate condizioni creatrici… (Massimo)


- Cubo o passerella - 'tracciato di un volume instabile senza riferimento, che non lascia come traccia altro che il proprio vuoto'. Lo spazio svuotato dall'apparenza…  si rivela come  - una rarefazione - un assoluto - ma pronto ad intrattenere una catena sintagmatica di segni significati…


(Massimo) I nostri primi spettacoli  se vuoi  - Doom (1996) - per esempio, era realizzato in una scatola bianca grande 6X6  -  un ciclorama -  una stanza senza riflessi  ne angoli: il massimo a cui aspiravamo per evidenziare…
…un habitat naturale (Marco)
-Era il nostro primo spettacolo.
Un altro spettacolo parallelo a questo - Amras, (1995, tratto da T.Bernard) era  eseguito in un quadrato sospeso da un metro da terra. Ma lì c'era un'idea metafisica da evidenziare, per non cadere in un rapporto esistenziale semplice tra i due protagonisti.
Quindi lo spazio è sempre legato a delle soluzioni e a delle esigenze e trova delle sue strutturazioni  precise e puntuali via via che la cosa va avanti e nel provarlo.

-(Marco) Ad esempio  –Serieb, (2004) - che è un lavoro che viene proposto normalmente in modo  frontale - con l'illuminazione di una luce a giorno che nei 40' minuti di sviluppo dello spettacolo va a scomparire fino agli ultimi tre minuti di completo buio... Si percepiscono dei corpi, qualcuno che suona e qualcuno che agisce lo spazio, ma poi nel finale tutto si risolve in un ambiente oscurato. In  molti casi ci siamo trovati a dover lavorare in uno spazio che non ci permetteva di fare tutto questo, e quindi ci siamo messi a cercare un'altra possibilità.In quel caso l’idea di avere una passerella centrale con il pubblico disposto ai due lati, questa alterazione dello spazio ci ha costretto anche ad un’altra concezione dell’illuminazione. Come vedi non esistono leggi indistruttibili ci sono i luoghi e ci siamo noi.


- Si dovrà esercitare un nuovo sguardo ‘uno stupore inesauribile in cui le cose semplicemente si mostrano’ per dare forma alla visione, all'accadimento, al teatro…


-Il nostro rapporto formale con la scena ed il linguaggio è sempre stato anche nella sue eleganza o nella sua ricercatezza abbastanza rudimentale o artigianale - non per scelta - ma perché è così che lavoriamo ed elaboriamo questa relazione con l'immaginario, nostro - collettivo - o dei segni che tramite l'informazione ci arriva.
A livello concettuale e formale quindi anche quando lavoriamo con i suoni vi è sempre un rapporto diretto con l'oggetto o con la cosa, in ogni caso ‘andandoci a sperimentare’ per risvoltarlo poi, e cambiandogli forma ricontestualizzarlo.
Partendo sempre e comunque da un concreto alterabile, piuttosto che da un conosciuto sfruttabile - o un surrogato che si propone ( meno interessante) alla dimostrazione - o l'accostamento verso il vero di un surrogato. E’ piuttosto il passaggio tra un precedente ed il successivo che mettiamo in sequenza senza altre eventualità intermedia.
E’ con questo comunque che ci siamo sempre confrontati, piuttosto che nell'uso sintetico o analogico della  fonte.(Luca)


- Il corpo virtuale che si inaugura alla rappresentazione (ed il mito di Diana lo testimonia:  Et, (1999) è sempre un derivato ingannevole ma necessario..



- (Massimo) C’è uno spettacolo in cui è evidente questa relazione… et, (1999)
In quel caso la scena era immateriale, realizzata da tulle laterali e frontali come in una stanza. Altri tulle erano disposti nel mezzo della scena, mentre tra una sezione ed un'altra si svolgeva l’azione.
Su due di questi tulle centrali avvenivano anche delle proiezioni…bosco-fogliame, che rivestiva tutta la stanza per mezzo di un proiettore molto lontano che sfondava in continuazione in una serie di piani simultanei di visioni.(naturalmente erano presenti tutti i surrogati del mito – dei cani, una tappezzeria - delle corna di cervo )

Nella sezione centrale si svolgeva l’azione – con gli attori ( sposi) che simulava continuamente un evento che però concretamente  non aveva delle conseguenze … in completo silenzio, tranne alcuni sparsi suoni che a livello concreto dovevano allertare questo rapporto con lo spettatore.

Ad un certo punto con gli attori avveniva una sovrapposizione tra la loro l'immagine reale ed una immagine identica proiettata sul tulle - che loro praticamente doppiavano…e da questo doppio fondo della stessa cosa resa doppia e tripla…


- L'assenza di senso - tipica dei simulacri - non farà rimpiangere la natura della  'cosa  in sé '
( ma  si evidenzia con regolarità nel ' vintage ' là dove  il demone si esercita  alla ' doublerie ' )



-Intendi dire il  tracciato di un possibile da virtuare dal complementare?
-Di certo si obbliga lo spettatore a rimanere lì, tra sforzi inimmaginabili -
-Oppure dovrà entrare nel gioco e rimanerne sedotto -
-Anche se non capisce la storia?
-Ma il pubblico in ogni caso si troverà  sempre davanti ad una esperienza
-E  non è obbligato a vedere una cosa o a doverla riconoscere.
 E in quanto a capirla ci sono molti margini di libertà percettiva -
-Di interpretazione…
- In  pure evocazioni
-Sempre esclusi i termini proiettivi…
- Forse che un bicchiere di acqua non è che un bicchiere di acqua – e niente altro che…
… simbolo di se stesso (risa )
- ?


- Artaud, "I Cenci (2004) - è giocato come ' rivelazione ' – ‘qui -ora- ma è già storia’ e alle condizioni culturali di accettazione dell'opera tali da condizionare anche il pubblico a diventare performer dell'evento. Una apparente sortita dalle aporie del teatro?


-‘I Cenci/Spettacolo’ nasce dopo ' <OTTO> ' che era la seconda tappa della trilogia sulla rappresentazione.
Prima dello spettacolo abbiamo avuto bisogno di tre studi, in uno di questi, il primo al Festival Contemporanea di Prato, il pubblico che veniva a vedere un evento - suo malgrado - doveva trovarsi ad essere l'evento. E quello è stato lo stratagemma - questo rapportarsi con quella messa in scena lì direttamente.
Doveva esserci una piccola anticamera dove agli spettatori veniva data una cuffia.Da questa cuffia cominciavano a sentire noi che avevamo una conversazione ….fino a che entrando dentro la sala dove si aspettavano l'evento si trovavano davanti un rinfresco preparato per loro, a cui  erano invitati.
E nel momento che prendevano parte al convitto - scompariva il nostro suono, e i quattro microfoni più i microfoni che avevano i camerieri addosso cominciavano a pescare le loro voci e loro mangiando - facendo parte di quella messa in scena, sentivano se stessi - perché le cuffie trasmettevano il loro brusio. In questo modo pensavamo di portava direttamente tutto il rapporto sulla rappresentazione in stretta relazione con il pubblico, lo stesso pubblico che trovandosi in questa macchina, una trappola  – suo malgrado - diventava quello che c'era da vedere.(Marco)


-' Il sistema spettacolare nel tempo è diventato habitat, e l'immaginario si compatta in rappresentazione continua ' . Si dovrà tornare ad improvvisare dunque e perdere il controllo - come momento creativo per eccellenza?



-Mi viene da pensare a tutto quello che è il rapporto diretto con l'esperienza e cioè di quanto io sono interprete o quanto io sono assolutamente fruitore; e i segni che rappresentano quella esperienza che io non vivo direttamente come cosa sconosciuta che mi appare davanti - ma quanto io sia il frutto di una serie di conseguenze storiche e di quanto il mio corpo e la mia mente riesca a ricordare di quello con cui è venuto in relazione…perché posso leggere molti libri… che poi non mi ricordo - ho visto paesaggi o conosciuto volti che poi non ricordo…Sicuramente si sedimenta tutto questo da qualche parte - ma io non sono padrone di questi mezzi. Allora dovendo accettare comunque questa  mia imperfezione logica nel sapermi raccontare, è chiaro che io improvviso di continuo.
Da questo punto di vista improvviso di continuo perché non ci sono - non mi conosco e non mi sorprende che non riesca a sorprendermi - in un certo senso,  perché quello che conosco già di me mi annoia, oltre che darmi noia; quello che non conosco mi attrae con tutta la sua violenza e le sue possibili conseguenze catastrofiche di irresponsabilità da parte mia e quindi l'improvvisazione è continua .(Luca)
- Per quanto l'improvvisazione non è riferita allo spettacolo - (Marco)- No! no è l'improvvisazione del sentire - dell'operare, del tradurre, del tentare in bilico. (Luca)


- L'antropologo!  dunque  a garantire l'insorgere di psico-tipi …‘Se liberarti dai ruoli - a chi guarda venga richiesta una maggiore e più intima vicinanza, un diverso rapporto tra dentro e fuori’


-Al di la dei risultati, se conosci il modo in cui lavoriamo - rispetto all'origine e all'elaborazione dei progetti - considerato che l'autore di Kinkaleri è costituito da sei persone che all'interno di un progetto mischiano le identità  rinunciando a loro stessi - comunque rinunciando all'idea di autore che sia referenziale all'individuo – c’è sempre lo sforzo di rimisurare il linguaggio, di misurare se stessi  o l'idea di un progetto o l'idea di riferimento… sempre evolvendo.
Non c'è niente di tecnologico in tutto questo - ma c'è un procedimento che va in una direzione molto precisa.
Kinkaleri è continuamente alla messa in discussione di se stesso e del suo cortocicuito creativo artistico e di relazione con la conoscenza continua - con la conoscenza che include uno sguardo sul mondo, ininterrottamente.

Non proponendo delle soluzioni, ma proponendo delle domande, dei contesti altamente sensibili - cercando di risolverli formalmente. Questi sono i campi più vicini alla questione.(Luca)


' Per "danzare" occorre riappropriarsi di quel corpo e paradossalmente perderlo ancora una volta ' (Esso 1999) Come in ogni buon labirinto che fino all'ultimo lascia intravedere una uscita…


-E’ una nostra citazione questa, come tema della improvvisazione e del fatto che la danza in qualche modo ha una sua storia basata sulla improvvisazione, vista come una possibilità del corpo di esprimersi liberamente senza limiti, e in qualche modo di portare fuori un interno attraverso la dinamica.
Nei nostri lavori che sono basati sulla improvvisazione, in parte abbiamo messo in discussione questo concetto - come dire - devi sbarazzarti dei codici e della tecnica pur assumendoli interamente. Lo devi perdere quel corpo per ritrovarlo.

Nei nostri sistemi di improvvisazione il rapporto con lo specifico del corpo e del movimento gira intorno a questo. Abbiamo creato dei sistemi ( che sono gli spettacoli) con delle regole molto precise - di spazio e di tempo - dentro cui perdere tutta quella formalità, quel rapporto diretto con la composizione coreografica e comunque con il movimento che è solo esclusivamente forma. (Cristina)


The Next Thing - Quali confini per la ricerca?


-The Next Thing è un convegno che abbiamo pensato e realizzato al Teatro Studio di Scandicci  (2003) – per porre alcune questioni alle compagnie ma anche al pubblico.
Un discorso anche politico - in qualche modo, ed  un tentativo di capire - partendo da un'idea di luogo comune
- sperimentato come è –  in nuovo rapporto con un habitat, in cui certe cose non siano eccezionali, ma siano quel luogo comune che in qualche modo ci manca. Allora la riflessione - se vuoi abbastanza ingenua nel domandarsi perché non si dovesse sentire in un'altra maniera e questa altra maniera dovesse diventare luogo comune di un rapporto nuovo con le cose…. – si è rivelato un fallimento ...
Perché in quella occasione, in quel convegno i partecipanti si aspettavano tutt'altro, e poi c'erano una serie di necessità concrete del tipo - bisogna fare questo e questo e chiedere poi questo…Noi partivamo dal fatto che finché esiste un habitat del genere, finché non si lavora per l'habitat, per ricucire o per ricostruire o rigenerare o generare un rapporto diverso e contro-culturale con l'esistente… tutto quello che puoi chiedere ai politici ha un valore relativo. (Massimo)




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