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In
questa conversazione con Kinkaleri si
parlerà - preferibilmente - del senso e dei nuovi sensi
che le tecnologie digitali ( suono e spazio pluri-dimensionale) stanno
promuovendo. Uno di questi transiti (il più evidente) è il
passaggio da una linearità temporale al multiverso brillante di
anni luce…
Ad un certo punto con gli attori avveniva una sovrapposizione tra la loro l'immagine reale ed una immagine identica proiettata sul tulle - che loro praticamente doppiavano…e da questo doppio fondo della stessa cosa resa doppia e tripla… - L'assenza di senso - tipica dei simulacri - non farà rimpiangere la natura della 'cosa in sé ' ( ma si evidenzia con regolarità nel ' vintage ' là dove il demone si esercita alla ' doublerie ' ) -Intendi dire il tracciato di un possibile da virtuare dal complementare? -Di certo si obbliga lo spettatore a rimanere lì, tra sforzi inimmaginabili - -Oppure dovrà entrare nel gioco e rimanerne sedotto - -Anche se non capisce la storia? -Ma il pubblico in ogni caso si troverà sempre davanti ad una esperienza -E non è obbligato a vedere una cosa o a doverla riconoscere. E in quanto a capirla ci sono molti margini di libertà percettiva - -Di interpretazione… - In pure evocazioni -Sempre esclusi i termini proiettivi… - Forse che un bicchiere di acqua non è che un bicchiere di acqua – e niente altro che… … simbolo di se stesso (risa ) - ? - Artaud, "I Cenci (2004) - è giocato come ' rivelazione ' – ‘qui -ora- ma è già storia’ e alle condizioni culturali di accettazione dell'opera tali da condizionare anche il pubblico a diventare performer dell'evento. Una apparente sortita dalle aporie del teatro? -‘I Cenci/Spettacolo’ nasce dopo ' <OTTO> ' che era la seconda tappa della trilogia sulla rappresentazione. Prima dello spettacolo abbiamo avuto bisogno di tre studi, in uno di questi, il primo al Festival Contemporanea di Prato, il pubblico che veniva a vedere un evento - suo malgrado - doveva trovarsi ad essere l'evento. E quello è stato lo stratagemma - questo rapportarsi con quella messa in scena lì direttamente. Doveva esserci una piccola anticamera dove agli spettatori veniva data una cuffia.Da questa cuffia cominciavano a sentire noi che avevamo una conversazione ….fino a che entrando dentro la sala dove si aspettavano l'evento si trovavano davanti un rinfresco preparato per loro, a cui erano invitati. E nel momento che prendevano parte al convitto - scompariva il nostro suono, e i quattro microfoni più i microfoni che avevano i camerieri addosso cominciavano a pescare le loro voci e loro mangiando - facendo parte di quella messa in scena, sentivano se stessi - perché le cuffie trasmettevano il loro brusio. In questo modo pensavamo di portava direttamente tutto il rapporto sulla rappresentazione in stretta relazione con il pubblico, lo stesso pubblico che trovandosi in questa macchina, una trappola – suo malgrado - diventava quello che c'era da vedere.(Marco) -' Il sistema spettacolare nel tempo è diventato habitat, e l'immaginario si compatta in rappresentazione continua ' . Si dovrà tornare ad improvvisare dunque e perdere il controllo - come momento creativo per eccellenza? -Mi viene da pensare a tutto quello che è il rapporto diretto con l'esperienza e cioè di quanto io sono interprete o quanto io sono assolutamente fruitore; e i segni che rappresentano quella esperienza che io non vivo direttamente come cosa sconosciuta che mi appare davanti - ma quanto io sia il frutto di una serie di conseguenze storiche e di quanto il mio corpo e la mia mente riesca a ricordare di quello con cui è venuto in relazione…perché posso leggere molti libri… che poi non mi ricordo - ho visto paesaggi o conosciuto volti che poi non ricordo…Sicuramente si sedimenta tutto questo da qualche parte - ma io non sono padrone di questi mezzi. Allora dovendo accettare comunque questa mia imperfezione logica nel sapermi raccontare, è chiaro che io improvviso di continuo. Da questo punto di vista improvviso di continuo perché non ci sono - non mi conosco e non mi sorprende che non riesca a sorprendermi - in un certo senso, perché quello che conosco già di me mi annoia, oltre che darmi noia; quello che non conosco mi attrae con tutta la sua violenza e le sue possibili conseguenze catastrofiche di irresponsabilità da parte mia e quindi l'improvvisazione è continua .(Luca) - Per quanto l'improvvisazione non è riferita allo spettacolo - (Marco)- No! no è l'improvvisazione del sentire - dell'operare, del tradurre, del tentare in bilico. (Luca) - L'antropologo! dunque a garantire l'insorgere di psico-tipi …‘Se liberarti dai ruoli - a chi guarda venga richiesta una maggiore e più intima vicinanza, un diverso rapporto tra dentro e fuori’ -Al di la dei risultati, se conosci il modo in cui lavoriamo - rispetto all'origine e all'elaborazione dei progetti - considerato che l'autore di Kinkaleri è costituito da sei persone che all'interno di un progetto mischiano le identità rinunciando a loro stessi - comunque rinunciando all'idea di autore che sia referenziale all'individuo – c’è sempre lo sforzo di rimisurare il linguaggio, di misurare se stessi o l'idea di un progetto o l'idea di riferimento… sempre evolvendo. Non c'è niente di tecnologico in tutto questo - ma c'è un procedimento che va in una direzione molto precisa. Kinkaleri è continuamente alla messa in discussione di se stesso e del suo cortocicuito creativo artistico e di relazione con la conoscenza continua - con la conoscenza che include uno sguardo sul mondo, ininterrottamente. Non proponendo delle soluzioni, ma proponendo delle domande, dei contesti altamente sensibili - cercando di risolverli formalmente. Questi sono i campi più vicini alla questione.(Luca) ' Per "danzare" occorre riappropriarsi di quel corpo e paradossalmente perderlo ancora una volta ' (Esso 1999) Come in ogni buon labirinto che fino all'ultimo lascia intravedere una uscita… -E’ una nostra citazione questa, come tema della improvvisazione e del fatto che la danza in qualche modo ha una sua storia basata sulla improvvisazione, vista come una possibilità del corpo di esprimersi liberamente senza limiti, e in qualche modo di portare fuori un interno attraverso la dinamica. Nei nostri lavori che sono basati sulla improvvisazione, in parte abbiamo messo in discussione questo concetto - come dire - devi sbarazzarti dei codici e della tecnica pur assumendoli interamente. Lo devi perdere quel corpo per ritrovarlo. Nei nostri sistemi di improvvisazione il rapporto con lo specifico del corpo e del movimento gira intorno a questo. Abbiamo creato dei sistemi ( che sono gli spettacoli) con delle regole molto precise - di spazio e di tempo - dentro cui perdere tutta quella formalità, quel rapporto diretto con la composizione coreografica e comunque con il movimento che è solo esclusivamente forma. (Cristina) The Next Thing - Quali confini per la ricerca? -The Next Thing è un convegno che abbiamo pensato e realizzato al Teatro Studio di Scandicci (2003) – per porre alcune questioni alle compagnie ma anche al pubblico. Un discorso anche politico - in qualche modo, ed un tentativo di capire - partendo da un'idea di luogo comune - sperimentato come è – in nuovo rapporto con un habitat, in cui certe cose non siano eccezionali, ma siano quel luogo comune che in qualche modo ci manca. Allora la riflessione - se vuoi abbastanza ingenua nel domandarsi perché non si dovesse sentire in un'altra maniera e questa altra maniera dovesse diventare luogo comune di un rapporto nuovo con le cose…. – si è rivelato un fallimento ... Perché in quella occasione, in quel convegno i partecipanti si aspettavano tutt'altro, e poi c'erano una serie di necessità concrete del tipo - bisogna fare questo e questo e chiedere poi questo…Noi partivamo dal fatto che finché esiste un habitat del genere, finché non si lavora per l'habitat, per ricucire o per ricostruire o rigenerare o generare un rapporto diverso e contro-culturale con l'esistente… tutto quello che puoi chiedere ai politici ha un valore relativo. (Massimo)
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